Schede
Provenienza: Bologna, Muro del Reno
TRASCRIZIONE
L(ucio) Statorio
Bathyllo
IIIIIIvir(o) (=seviro) patron(o)
P(ublio) Messio P(ubli) f(ilio)
Calvioni amico
L(ucius) Statorius
Trophimus IIIIIIvir (=sevir)
Aug(ustalis) cum Naevia Secunda
uxsore (=uxore)
in fr(onte) p(edes) XVI
in ag(ro) p(edes) XX
TRADUZIONE
Al patrono Lucio Statorio Batillo, seviro; all’amico Publio Messio Calvione, figlio di Publio. Lucio Statorio Trofimo, seviro Augustale, con sua moglie Naevia Seconda (fece questo monumento).
(L’area funeraria misura) 16 piedi sul lato strada e 20 piedi in lunghezza
Questa stele venne fatta commissionare da una coppia di sposi per due persone alle quali erano legati in modi diversi. Il primo defunto era il patrono dello sposo: entrambi seviri, cioè appartenenti a un collegio di sacerdoti del culto imperiale, Lucio Statorio Batillo aveva trasmesso al suo liberto il suo nome. Il secondo defunto era un amicus, parola che nel mondo romano ha non solo una accezione affettiva: anche se verso di lui Trofimo non aveva obblighi legali, come nel caso del suo patrono, evidentemente il loro rapporto era tale che aveva avvertito l’obbligo morale di incaricarsi dei riti funebri.
Curiosità: questa stele si fa notare, tra le altre, per le decorazioni e la rappresentazione di un compasso e un archipendolo, strumenti da disegno normalmente legati al lavoro di architetto o marmorario. Ma, in questo caso, chi tra i defunti poteva mai usare questi strumenti? Forse c’è una spiegazione: è possibile che nelle botteghe dei lapicidi, che producevano e vendevano lapidi per ogni occasione, ci fosse l’uso di “preimpostare” alcune pietre che poi potevano essere completate (e velocemente consegnate) con il testo scelto dai clienti. In questo caso forse la decorazione non aveva nessun significato preciso e Trofimo la scelse perché … gli piaceva!
Calcare: 183x72,3x30 cm. Inv. 19131