Schede
Provenienza: Bologna, Muro del Reno
TRASCRIZIONE
Viv(i)
C(aius) Volusius
C(ai) l(ibertus) Iucundus
tabularius
Heidia T(iti) l(iberta) Auge
Q(uintus) Baebius Q(uinti) f(ilius)
faber
lapidarius
L(ucius) Tettius L(uci) l(ibertus) Philarg(yrus)
caligarius
TRADUZIONE
Vivi. Caio Volusio Giocondo, liberto di Caio, segretario; Heidia Auge, liberta di Tito; Quinto Bebio, figlio di Quinto, artigiano lapicida; Lucio Tettio Filargiro, liberto di Lucio, calzolaio
Questa stele centinata, ovvero arrotondata nella parte superiore, venne commissionata da quattro persone mentre erano ancora in vita. Osservando attentamente i loro nomi sembra che non abbiano assolutamente niente in comune: sono tre uomini e una donna; tre sono ex schiavi liberati, uno è un uomo nato libero; la donna non pare sposata o imparentata con nessuno dei tre uomini, i quali fanno ben tre mestieri diversi. Tra le diverse ipotesi che sono state fatte dagli studiosi per spiegare questa anomalia la più suggestiva propone che i quattro fossero vicini di bottega, amici, e che avessero deciso di unire le proprie scarse risorse economiche per pagare una lapide che, da soli, non si sarebbero potuti permettere.
Curiosità: la presenza dei nomi dei mestieri rende questa pietra preziosa per gli studiosi di storia sociale. Il lavoro rappresentava per le persone comuni un importante elemento di promozione sociale, ma al momento di scegliere le parole con cui consegnare all’eternità la propria memoria buona parte delle persone decideva di non citare la propria professione.
Arenaria: 216x61,5x34 cm. Inv. 19124