Schede
Provenienza: Bologna, Muro del Reno
TRASCRIZIONE
Q(uintus) B[---]
C(ai) f(ilius) I[---]
IIII vir (=quattuorvir)
[si]bi et Cinnamo
Nobiliori
libertis
in fr(onte) p(edes) XXXII
in agr(o) [p(edes)] XVI
TRADUZIONE
Quinto … , figlio di Caio, … , quattuorviro, a se stesso e ai liberti Cinnamo e Nobiliore.
(L’area funeraria misura) 32 piedi sulla fronte e 16 piedi in profondità
Questa stele si presenta molto rovinata e lacunosa: la pietra arenaria di cui è fatta ha subito una forte usura e manca l’angolo superiore destro e con esso il nome della gens (famiglia) del defunto. Ciononostante, questa stele rappresenta una fonte formidabile per gli storici di Bologna romana: è infatti l’unico documento che attesta la presenza dei quattuorviri, i supremi magistrati della città. Il loro nome significa letteralmente “quattro uomini” ed erano un collegio formato da due magistrati di ordine giurisdizionale, i duoviri, e due magistrati edili.
Curiosità: L’aspetto attuale del Cortile del Lapidario è il risultato dell’intenso lavoro di riordinamento portato avanti negli anni ’50 dal professor G. Susini. A proposito di questa lapide Susini racconta nei suoi scritti che la sua superficie era ricoperta da una durissima incrostazione che rendeva impossibile stabilire se la parola alla riga 3 fosse IIIIvir (quattuorviro) oppure se mancassero le due stanghette verticali che formano la parola IIIIIIvir (seviro), dubbio che si levò una volta per tutte facendola ripulire. Ma perché aveva il sospetto che IIIIvir non fosse una parola intera? Perché nessuna altra pietra di Bononia ricordava un quattuorviro, mentre, al contrario, ci sono molti seviri e sapete come si dice… se senti rumori di zoccoli, pensa “cavallo” non “zebra”. Ma in questo caso si trattava proprio dell’ipotesi meno probabile.
Arenaria: 203,7x74x31,5 cm. Inv. 19127