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Lapide degli Alfii

lapide I secolo d.C.

Schede

Provenienza: Bologna, Muro del Reno

TRASCRIZIONE

V(ivus)

C(aius) Alfius C(ai) l(ibertus)

Stephanus VIvir (=sevir)

Alfia C(ai) l(iberta)

Iucunda

et Mus

TRADUZIONE

Da vivo

il seviro Caio Alfio Stefano, liberto di Caio, fece per Alfia Gioconda, liberta di Caio, e per Mus.

La lapide ricorda i nomi di tre persone: il primo è un liberto di un uomo di nome Caio della gens Alfia; la seconda è una liberta, anch’essa della gens Alfia; il terzo è un individuo di sesso maschile che possiede solo un nome ed è quindi, quasi sicuramente, uno schiavo. 

Curiosità: Mus in latino vuol dire “topo”. Si tratta quindi di un nomignolo che potrebbe nascondere una intenzione affettuosa. Anche se non vengono dichiarate le relazioni tra i defunti di questa lapide, possiamo azzardare qualche ipotesi: è possibile che i primi due fossero colliberti, ovvero ex schiavi dello stesso padrone, da lui poi liberati, e che fossero una coppia. Se così fosse, potremmo immaginare che Mus fosse loro figlio, dato che, secondo il diritto romano, i bambini nascevano nella stessa condizione (schiavi o liberi) della madre al momento del parto.

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Descrizione tecnica

Arenaria: 215,7x60,2x34,7 cm. Inv. 19108