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Il Carnevale 1881

febbraio

Schede

Nel 1881, dopo essere stato allestito per la prima volta in piazza S. Domenico e successivamente in piazza Maggiore, il festival ebbe luogo in piazza Otto Agosto. Il recinto che racchiudeva le costruzioni in cui erano alloggiate le attrazioni era ampio e ben disposto: da un lato sorgeva il teatrino, dall’altro il palco della “Cuccagna di beneficenza”, tutt’intorno stavano le eleganti botteghe, una cinquantina, ornate di fiori e festoni (“Gazzetta dell’Emilia”, 16 febbraio 1881). Molti, poi, gli avvenimenti organizzati per rallegrare i visitatori: concerti musicali e balli, un «grandioso spettacolo mimo-danzante» dall’esotico titolo di Amoè o la figlia delle selve, la «Cuccagna con 15.000 regali», e poi tiro al bersaglio, altalene e giochi diversi.

Ma l’attrazione di maggior richiamo fu l’illuminazione elettrica - era infatti la prima volta che veniva utilizzata in città - emanata «da 34 lampadine» e sviluppata «da tre potenti macchine a vapore della forza di 24 cavalli» sotto la direzione dell’ing. Lauger, rappresentante della società Siemens Freres di Parigi (“Gazzetta dell’Emilia”, 30 gennaio e 20 febbraio 1881; “La Rana”, 25 febbraio 1881). Quello che, in fin dei conti, divenne un vero e proprio spettacolo, e di magico effetto, ebbe un successo enorme: entrato nella fiera, «il pubblico rimaneva estatico, abbagliato. Le lampadine elettriche spandevano una luce candida, grandissima. Tutto quel recinto pareva d’argento. Gli ih! e gli oohh! si ripeterono all’infinito e a questi tennero dietro le esclamazioni di: Bello!… Incantevole!» (“La Patria”, 20 febbraio 1881).

Come bene si coglie dagli entusiastici commenti riportati dalle cronache locali - «è bello assai vedere questa pratica applicazione della luce elettrica anche a Bologna e la Società del Dottor Balanzone merita molta lode per avere tentato, per prima, tale esperimento» (“Gazzetta dell’Emilia”, 20 febbraio 1881) - la fiera, luogo tradizionale di divertimenti in voga ormai da tempo, si conformava alle aspirazioni e alle esigenze di modernizzazione della società di fine Ottocento trasformandosi in arena ove mostrare i “prodigi della scienza” ad un pubblico estremamente ricettivo, cui piaceva farsi stupire ma che si voleva, al tempo stesso, “familiarizzare” con le innovazioni tecnologiche; un pubblico che accorreva numeroso - una media di oltre 20.000 persone nelle giornate festive - tanto che la “Società dei tramways” inaugurò un servizio di tram che collegava il centro cittadino con il festival per favorirne l’afflusso.

Rossella Ropa

Testo tratto da Cent'anni fa Bologna: angoli e ricordi della città nella raccolta fotografica Belluzzi, Bologna, Costa, 2000.