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Roberto Franzoni

29 Aprile 1882 - 10 Febbraio 1960

Scheda

Roberto Franzoni (1882 - 1960) dedicò la sua vita all’arte, in tutte le sue espressioni. Nel corso della lunga carriera artistica si interessò sia alla pittura sia alla scultura sia alla grafica, rimanendo fedele ad un gusto Liberty spinto fino all’anacronismo; questa singolarità, assieme alla sua indole riservata e modesta, gli è probabilmente costato il quasi totale isolamento dalle scene ed un’oscurità della fama per molti versi inspiegabile. Nacque a Bologna nel 1882 da Giovanni Franzoni e Raffaella Bugarnelli, una famiglia povera e onesta, secondo quanto attestò, all’epoca, la parrocchia di San Procolo. Nel 1894, all’età di dodici anni, fu ammesso al Collegio artistico Venturoli, restandovi fino al 1902, anno in cui vinse il pensionato Angiolini: una borsa di studio di quattro ulteriori anni di attività da compiersi fuori Bologna, per la quale gli alunni erano obbligati a presentare un saggio alla fine di ciascun biennio. Nel 1907, sempre tramite il Collegio Venturoli, partecipò al premio Gasperini-Giordani di ‘perfezionamento nelle arti belle’. Nonostante questi primi successi giovanili, pare non dovette essere un allievo particolarmente disciplinato dal punto di vista comportamentale, tanto che nel 1896 fu destituito dall’incarico “di segretario per aver ripetutamente avuto brutti voti in contegno”.

Dotato di un mestiere sorprendente fin da giovanissimo, già intorno al 1898, mostrò un’attrazione verso l’Art Nouveau: la predilezione per la linea curva e sinuosa, i motivi fitomorfi, i volumi spiccati, i contorni nitidi e fluttuanti, i colori limpidi, gli incarnati teneri e pallidi e un certo “abbandono sensuale” è sintomo che abbracciasse appieno la figurazione liberty. La sua produzione artistica, pur se poliedrica, avrà così una connotazione sempre ‘decorativa’, non solo nella produzione di grafica, manifesti, disegni, acquerelli, francobolli e arte applicata, ma anche nella pittura da cavalletto ove non mancherà mai l’eco delle tendenze d’Oltralpe che Franzoni poteva ben conoscere dalle riviste e dalle visite alla Biennali veneziane. In particolare sembra essersi ispirato al florealismo medievalista di Alphonse Mucha, alle campiture ben circoscritte da margini delineati dello svedese Carl Larsson ed alla filosofia preraffaellita di William Morris. Altra tappa fondamentale per la sua formazione fu l’Accademia di Belle Arti di Bologna. In realtà l’effettiva frequentazione del nostro dei corsi presso l’Accademia non è confermata da nessun documento ufficiale presente nell’Archivio Storico, ma molte fonti lo attestano; probabilmente dobbiamo tale mancanza allo stretto legame che esisteva tra il Collegio Venturoli e l’Accademia e all’affatto difficile passaggio tra le due istituzioni sia di docenti che di studenti. Ad ogni modo, tra gli insegnamenti che certamente seguì, si ricordano quelli di Domenico Ferri, Enrico Barberi e Alfredo Tartarini: il primo di impronta realista, il secondo verista e il terzo, che esercitò l’influenza più forte sulla sua formazione, fu docente di ornato al Venturoli dal 1888. Tartarini portò il bagaglio culturale degli studi compiuti in Accademia sotto la guida di Tito Azzolini, ma anche l’esperienza acquisita con Rubbiani e Casanova nei restauri e nella progettazione di ornati e oggetti di gusto floreale.

Nel 1899 Franzoni firmò una cornice, dipinta a tempera grassa, con iris e ninfee stilizzati e nel 1902 un acquerello, Rustico; quest’ultimo fa intuire quale sarà l’evoluzione del percorso pittorico franzoniano: la marcata analisi degli elementi vegetali che accompagneranno anche le figurazioni muliebri, tralci di vite, gigli, mimose, pannocchie, iris e soprattutto crisantemi e melograni saranno elementi ricorrenti, tipici del repertorio simbolista. Nel Libro Sociale della Società per le Arti Francesco Francia (dal 1894 al 1908) Roberto Franzoni risulta iscritto come socio dal 1 Gennaio 1902 al 31 Marzo 19146. Sempre nel 1902 Franzoni partecipò all’Esposizione di Torino con il gruppo Aemilia Ars, come è testimoniato dall’attestato litografico di proprietà di una galleria d’arte privata. Successivamente, nel 1903, esordì all’ Esposizione organizzata dalla Società per le Arti Francesco Francia con 5 opere intitolate Impressioni veneziane, che il giornalista del ‘Resto del Carlino’ Luigi Federzoni, che si firmava con lo pseudonimo Giulio De Frenzi, ricordò “rispettabili tutte, eleganti e assai vetrose”. Il nostro partecipò anche alle edizioni del 1905, del 1907, del 1909 e del 1910.

Nel 1908, con la decorazione della Cappella Rizzi per il Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna, affronta il soggetto sacro con un Trittico; forse tra le opere più affascinanti per sinuosità delle linee, allegorismo grafico e coerenza stilistica di tutto il complesso: dipinti murali, stucchi, stipite marmoreo, lampade di vetro soffiato, inginocchiatoio ligneo e cancelletto in ferro battuto sono legati da un fil rouge decorativo, tipico della cultura Liberty in cui le arti decorative, un tempo definite minori, furono rivalutate acquisendo lo stesso valore di pittura e scultura. Per il camposanto bolognese è documentato anche un busto marmoreo rappresentante Gesù Cristo, collocato nella tomba della famiglia Isolani Lupari, eseguito in epoca successiva da Roberto Franzoni, in parte modificando l'originario sepolcro neoclassico. Attorno al 1914 Franzoni eseguì le decorazioni a tempera con pastiglie dorate e legno inciso, per alcuni locali del nuovo Palazzo Ronzani, progettato dall’architetto Gualtiero Pontoni, tra cui l’appartamento Dall’Ara, al primo piano, e il teatro-cabaret ‘Modernissimo’ (poi divenuto cinema). Emilio Contini, che fino a pochi anni fa era possessore de La Danza, unico pannello preparatorio supersite di queste decorazioni, ricorda “un’armonia di effetti cromatici gradevole” e “figure umane in forme geometriche, secondo il gusto secessionista, prossimo a soluzioni dèco”.

Con la realizzazione del manifesto per il film Marc’Antonio e Cleopatra, diretto dal regista e pittore Enrico Guazzoni, erroneamente datato al 1925 per il gusto già Deco, diede prova delle sue ottime capacità anche come grafico-cartellonista, contemperando le esigenze stilistiche della nuova decorazione con i suoi tipici motivi muliebri. Realizzò molti altri fortunati manifesti, tra cui: L’avvenire d’Italia nel 1902, Bologna - Feste di Maggio 1902, Bologna - Feste di Primavera 1905,Faenza - Centenario di Evangelista Torricelli, 1908 e tra il 1910 e il 1914 vari manifesti a soggetto balneare per Cesenatico, Pesaro e Senigallia. Tra gli sforzi maggiori del Franzoni restano in tutto il loro splendore le decorazioni di Palazzo Saraceni realizzate nel 1933, a cui furono dedicate soltanto due righe dalla storia dell’arte e dalla storia locale del secolo passato. Dei soffitti del Credito Fondario, oggi divenuto sede della Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, come ricorda Beatrice Buscaroli Fabbri in Casa Saraceni, si trova traccia solo nella biografia di Paolo Zauli che apparve nel catalogo della mostra organizzata a Bologna a Palazzo Salina nel 1967 “ha dato mano alle decorazioni murali della Sede del Credito Fondario della Cassa di Risparmio di Bologna” e nell’ultimo articolo a lui dedicato, un pezzo anonimo contenuto in una rivista turistica dello Stato di San Marino.

Nell’ articolo pubblicato nella Rivista di Informazione dell’Ente Governativo per il Turismo della Repubblica di San Marino, la sola memoria che ricordi il bolognese negli ultimi anni di vita, l’anonimo autore ne fa un ritratto commovente e scrive: “I Bolognesi si accorgeranno della sua assenza soltanto perché non lo incontreranno più per le strade del centro, dove trascorreva col suo incedere pacato, raccolto; pronto al saluto; garbato e riguardoso (…) se la sua notorietà non varcò i confini della città natale, fu per un invincibile ritrosia di carattere, che rifuggiva da ogni espediente per valorizzarsi agli occhi altrui e da ogni atteggiamento esibizionistico. La sua fierezza orgogliosa, la coscienza del proprio valore, la fedeltà ad un credo estetico profondamente radicato e professato, una probità professionale costantemente esercitata gli danno diritto ad essere giudicato esclusivamente con la misura del suo tempo: che non è quella dell’arte classica, la quale accettò unicamente come cultura, e nemmeno quella della contemporanea, che ripudiò coraggiosamente e della quale non accettò le ragioni storiche (…). La volontaria immobilità nella sfera del suo stile e del suo ideale estetico lo chiusero in un isolamento per buona parte immediato, che fu la recondita pena della sua vita”. Ma anche qui gli affreschi di Casa Saraceni occupano una sola riga, non una parola è dedicata a quello che potrebbe essere il monumento di una vita intera.

Un evento infausto colpì la famiglia Franzoni il 7 Gennaio del 1935: la precoce scomparsa dell’ancora ventitreenne figlio Giorgio. E’ probabile che anche questo contribuì alla sua ritrosia nei confronti delle apparizioni pubbliche e a quella solitudine descritta dall’anonimo autore dell’articolo, confermata poi dalla sua vicenda artistica. La sua bellissima moglie Carolina Stanzani (1888 - 1962), più volte oggetto della ritrattistica franzoniana , “colta in atteggiamenti languidi o sognanti, oppure ferma in un impenetrabile sguardo, come nel grande ritratto tra crisantemi”. L’ultimo capitolo della vita dell’eclettico Franzoni si svolse nella Repubblica sammarinese, dove lavorando per l’Istituto filatelico, lasciò una vasta serie di francobolli; è qui che, tra l’altro, si tenne l’unica mostra personale, in qualche modo prevista dall’artista, nel 1960, stesso anno della morte, sopraggiunta il 10 gennaio. Viene sepolto nella Certosa di Bologna, al loculo n. 3 dell'arco 22 del Nuovo Braccio ovest del Chiostro Annesso al Maggiore. Infatti, come già ricordato, Franzoni non aveva mai allestito mostre personali, se si eccettuano le partecipazioni alle varie edizioni della Francesco Francia; bisognerà aspettare il 1967 quando R. Zauli organizzerà la prima ampia retrospettiva nella Galleria del Caminetto a Bologna, come rammentano sia Contini sia Pradelli. Nonostante la scarsa fortuna critica, l’opera di Franzoni rappresenta un crocevia - tra passato e presente, tra moda del tempo e nostalgia preraffaellita, tra Classicismo e inquietudine simbolista - e merita certamente di più dell’oblio al quale sembra essere stata destinata; Roberto Franzoni fu molto più che un maestro d’ornato, ‘un professore della foglia’, fu un vero artista, capace di dar vita ad opere “pittoricamente vive e di una grazia raffinata, difficilmente riscontrabile in altri coetanei”.

E' sepolto nella Certosa di Bologna, al loculo n.3 dell'arco 22 del Nuovo Braccio ovest del Chiostro Annesso al Maggiore.

Sara Baldoni, Elena Semenzato

Estratto dalla ricerca svolta in occasione del restauro della Cella Rizzi alla Certosa (2010)