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Facoltà di Ingegneria

Comando GNR

Carcere

Schede

La sede della Facoltà di Ingegneria di Viale Risorgimento fu costruita su progetto dell’architetto Giovanni Vaccaro e inaugurata il 28 ottobre 1935, nell’anniversario della marcia su Roma.
I tedeschi occuparono Bologna il 9 settembre 1943. Nell’area di porta Saragozza insediarono il Comando SS, in via Albergati, e i Comandi di Presidio e di Piazza dentro a Ingegneria.
Nei primi mesi del 1944, quando le SS si trasferirono in via S. Chiara, la sede di via Albergati fu occupata dalla Waffen Miliz − Milizia Armata (che sarebbe poi confluita nella Legione SS italiana); i Comandi della Wehrmacht si trasferirono in varie sedi fuori porta S. Mamolo e porta Castiglione.
Nel febbraio 1944, a seguito del bombardamento della vicina caserma di via del Fossato, il Comando della 67a Legione Camicie Nere (in seguito assunse la denominazione di 629° Comando provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana) occupò l’edificio della Facoltà di Ingegneria. La GNR, al pari di altre milizie di Salò, svolse compiti di polizia politica tramite il proprio Ufficio Politico Investigativo.
William Michelini, presidente dell’ANPI bolognese, ha scritto a proposito delle violenze commesse dentro a Ingegneria dagli appartenenti all’UPI durante gli interrogatori dei partigiani e dei sospettati: «furono consumati atti di violenza e di grave offesa alla dignità dell’uomo in un luogo che per sua natura era dedicato agli studi e alla valorizzazione dell’ingegno umano.  La guerra fascista aveva portato anche a questo».

Un gruppo di criminali tra cui Martino Berti, Giovanni Pasquale Camporesi, Bruno Monti e Gaspare Pifferi, guidati dal famigerato “colonnello” Angelo Serrantini, si accanì contro i partigiani caduti nelle loro mani. Non è noto il numero di quanti passarono per le celle create nella Facoltà. È stato comunque documentato il passaggio di quasi settanta arrestati per attività partigiana.

Un partigiano morì in seguito alle torture subite dentro alla Facoltà. Gran parte dei partigiani passati dalle celle di Ingegneria finirono poi nelle carceri di S. Giovanni in Monte sotto l’autorità SS, dove subirono altre violenze.
Sette di loro furono prelevati dalle carceri e fucilati a S. Ruffillo. Agenti dell’UPI svolsero interrogatori anche nel il contiguo edificio della Facoltà di Chimica Industriale.
Goffredo Coppola, nominato Rettore dalla Repubblica di Salò, non chiese mai a tedeschi e ad autorità fasciste che la Facoltà di Ingegneria venisse restituita all’Ateneo bolognese.
Al contrario, vi furono studenti, tecnici e docenti della Facoltà che operarono nella Resistenza o collaborarono con essa.
Allo studente Elio Mandini, ucciso in azione, fu conferita la Laurea ad honorem dopo la Liberazione. Dei quattro ingegneri che composero la Commissione Tecnica del CLN dell’Emilia Romagna, due erano docenti di Ingegneria: Giovanni Evangelisti e Stefano Basile. Alcuni tra i fascisti di Salò responsabili delle violenze dentro a Ingegneria sfuggirono alla cattura dopo la Liberazione e si resero irreperibili. Altri, condannati a morte o a pene pesanti, ebbero le pene ridotte in appello e infine cancellate dall’amnistia.
Il 22 aprile 1945 l’edificio della Facoltà fu occupato e requisito dalle truppe alleate che vi realizzarono il General Hospital n. 6. Per alcuni mesi fu sotto l’amministrazione USA, poi il controllo passò agli inglesi.
Derequisito nell’ottobre 1946, fu restituito all’Ateneo; poterono così iniziare i lavori per riparare i danni dovuti a una bomba alleata del marzo 1944 ed ai vandalismi operati dagli occupanti, soprattutto quelli repubblichini.
Infine, la Facoltà ospitò nuovamente la regolare attività didattica con l’inizio dell’anno accademico 1947-1948.

Bibliografia
Renato Sasdelli (a cura di) “Ingegneria in guerra − La Facoltà di Ingegneria di Bologna dalla RSI alla Ricostruzione 1943-1947”, CLUEB, Bologna, 2007. Pubblicato con il patrocinio dell’Università di Bologna, della Facoltà di Ingegneria di Bologna, di ANPI Bologna e del Comitato provinciale della Resistenza e della lotta di Liberazione.
Contiene una ventina di testimonianze di partigiani sulle violenze subite dentro ad Ingegneria.