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Diserzione e brigantaggio in epoca napoleonica

Sociale 1802 | 1814

Schede

La leva obbligatoria venne introdotta nella Repubblica Italiana nell’estate del 1802, dopo le deludenti prove date dall’organizzazione dell’Esercito della precedente Repubblica Cisalpina, e seguì nelle norme basilari la legge francese del 1790. La legge prevedeva l’approntamento di liste di coscrizione dalle quali, periodicamente, e con più intensità nei momenti di bisogno, veniva effettuata una “leva” di soldati che effettivamente prendevano le armi. Il meccanismo era puntigliosamente descritto, ma la sua messa in opera creò grandi problemi sin dalla sua prima applicazione. Il lungo periodo di ferma, la possibilità della sostituzione del coscritto con il pagamento di una apposita tassa e la sostituzione con un altro uomo valido (che solo le famiglie più abbienti potevano attuare per esentare i figli dal servizio), l’allontanamento per lunghi anni dei coscritti dalle proprie case e la conseguente privazione dell’apporto di forza lavoro giovane nell’economia delle famiglie, fondamentale in una società contadina, il pericolo effettivo cui i soldati andavano incontro nelle campagne militari in giro per l’Europa, spingevano al netto rifiuto del servizio militare da parte delle popolazioni sottoposte alla legge.

Fin da subito si verificarono, infatti, movimenti di opposizione alla coscrizione, messi in atto con azioni individuali o, spesso, con plateali manifestazioni di protesta, sfociate anche in fughe di massa dei giovani renitenti, spesso accompagnati nella fuga dalle famiglie, o negli assalti ai municipi e nell’incendio sia dei ruoli delle tasse che delle liste di leva. Il peso di queste manifestazioni fu tale che, ad esempio nel febbraio 1804, gli arruolamenti presentavano ancora larghi vuoti, mancando all’appello circa un terzo degli uomini “requisiti”. Dopo gli sforzi attuati dalle municipalità per rispondere alle richieste del Governo centrale, l’invio delle reclute ai corpi era in parte vanificato dalla diserzione, che assottigliava pesantemente i ranghi al momento del trasferimento dei corpi dal luogo di reclutamento alla sede dei reggimenti, o anche nei luoghi di stanza dei reggimenti stessi, specialmente se questi erano vicini alle zone di residenza dei soldati. Una volta fuggiti, infatti, i coscritti erano quasi certi di poter contare sull’appoggio delle popolazioni rurali, e, se rientravano alle proprie case, tornavano poi ai propri lavori campestri con la piena copertura di tutto il clan familiare. Molto spesso poi non venivano neppure cercati dalle amministrazioni locali preposte, come lamentato dalle autorità centrali, e potevano rimanere tranquilli nella propria casa.

Tra coloro che non riuscivano a raggiungere le proprie case, o erano spinti ad abbandonarle da altre motivazioni – tra le più forti, essere incappati in reati perseguiti dalla giustizia comune, oltre che da quella militare – in più occasioni vennero formate vere e proprie bande, che tenevano il territorio rubando, razziando e a volte commettendo anche crimini più gravi. Nel bolognese celeberrima fu la banda di Prospero Baschieri, disertore una prima volta con la leva del 1803. Dopo cinque anni passati tranquillamente presso la propria famiglia –nel frattempo si era anche sposato e aveva avuto figli – nel 1808 venne di nuovo catturato e avviato ai corpi militari, da cui disertò nuovamente.

Le schede segnaletiche della polizia lo definiscono “famigerato”, e lo descrivono con le phisique du rôle del bandito romantico: lunghi capelli bruni sulle spalle poderose, volto scarno, occhi chiari, sguardo circospetto, armi a profusione… Quando si dà alla macchia ha ventisette anni, e le sue azzardate imprese attuate contro le autorità militari gli hanno creato attorno l’aura del vendicatore delle ingiustizie. I contadini lo accolgono, lo nascondono, lo sfamano; lui si unisce ad insorgenti e ribelli, molti suoi conterranei; per un po’, fino all’estate del 1809, sembra anche che ricevano una sorta di paga giornaliera da agenti austriaci.

Tra il 1809 e il 1810 si svolge tutta la sua parabola, in una società tormentata dalla miseria, da balzelli e tasse rifiutati in blocco dalle popolazioni rurali. Assaltano paesi, si presentano sfrontatamente sulla piazza di Budrio nel giorno di mercato, e riescono a farsi beffe del Podestà; agiscono tra i paesi della bassa bolognese a nord della via Emilia, con puntate verso la collina e verso la Romagna finché, abbandonati da una ormai proverbiale fortuna, in un conflitto a fuoco con le forze di polizia affiancate dai soldati del 106° Reggimento di linea francese di stanza in zona, nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1810, si trovano in dodici banditi contro un centinaio di soldati, e per tre di loro non c’è scampo. Baschieri è tra questi.

Mirtide Gavelli