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Chiesa di San Girolamo della Certosa

Di rilevanza storica

Schede

La chiesa di San Girolamo e il cimitero della Certosa, sorgono su una vasta area dove fin dal V° secolo a.C. era collocata una delle necropoli dell’antica Felsina, i cui resti furono rinvenuti durante gli scavi archeologici del XIX secolo. Alla chiesa di San Girolamo si accede dal lato orientale del cortile d’ingresso del cimitero. L’attuale planimetria, dalla forma di tau (T) rovesciata, è il risultato di ampliamenti cinquecenteschi che aggiunsero, alla primitiva chiesa trecentesca, un transetto a due campate sviluppato sul lato di facciata, collocato quindi a rovescio rispetto a quella che era la norma.

La navata, formata da due campate e abside quadrate, è coperta da crociere costolonate e separate da archi acuti, impreziositi da decorazioni quattrocentesche. Nel transetto, a destra e sinistra, si aprono le cappelle cinquecentesche di San Bruno e di San Girolamo. Risale probabilmente alla prima meta del XV secolo la costruzione di tre cappelle addossate lungo il fianco settentrionale, all’esterno della chiesa: la Cappella di S. Antonio Abate poi di S. Giuseppe, la Cappella di S. Bernardino o della SS. Annunziata e la Cappella delle Reliquie. Esse formano un corpo unico con l’edificio, condividendone i particolari dell’esterno e il medesimo tipo di copertura; una quarta cappella ad uso di sacrestia fu aggiunta dopo l’inaugurazione della chiesa. La facciata medievale, in mattoni a vista e affiancata dal piccolo campanile trecentesco, è coronata da un motivo di archetti trilobati in cotto su colonnine pensili; vi si aprono grandi finestre circolari che sostituiscono le originali monofore archiacute. Essa risulta parzialmente nascosta dal loggiato che delimita il cortile d’ingresso. Questo fu ampliato nel 1768 con il monumentale ingresso a cinque arcate di ordine tuscanico, opera dell’architetto Gian Giacomo Dotti e ultimo importante intervento di architettura. Settecentesche sono anche le ventitrè arcate del portico di ponente (che si interrompono davanti all’ingresso della chiesa) e le prime tredici del portico di levante: il resto del loggiato è ciò che resta del chiostro quattrocentesco.

Al 1611 risale la realizzazione del campanile maggiore della chiesa, costruito dall’architetto Tommaso Martelli su incarico dei padri certosini, andandosi ad aggiungere al piccolo campanile trecentesco, divenuto insufficiente. Alto circa cinquanta metri, con base quadrata e cortina di laterizio a vista, il campanile è suddiviso in quattro livelli separati da cornici marcapiano. Nel livello inferiore, con larghe paraste angolari, si aprono finestre rettangolari su due lati; negli altri tre piani, con paraste binate di ordine dorico, ionico e composito, si aprono grandi archi ciechi a tutto sesto, nei primo e secondo piano, mentre nel terzo bifore di tradizione quattrocentesca con colonnine in pietra da taglio e oculi circolari nei timpani. La torre è coronata da una cornice composita e sormontata da balaustrata e coppie di pinnacoli, in corrispondenza delle paraste, sulle quali si imposta la piramide della guglia.

Licia Giannelli


La Chiesa di San Girolamo della Certosa
La fondazione della chiesa di S. Girolamo fu voluta nei primi decenni del 1300 da Giovanni d’Andrea, figura di spicco della cultura guelfa bolognese e consulente di diritto canonico del papa Giovanni XXII che si prodigò per una più ampia diffusione dell’Ordine cartusiano in Italia. Il 17 Aprile del 1334 fu posata in forma solenne la prima pietra della nuova costruzione, consacrata il 2 giugno 1359 dal vescovo Giovanni Nasio. Dell’antica decorazione medievale poco ci resta anche se dal manoscritto Monumenta Cronologica sappiamo che la cappella maggiore, ultimata con ogni probabilità poco dopo la metà del Trecento, doveva contenere una tavola ad ornamento dell’altar maggiore, e ricchi apparati.

E’ sopravvissuto, invece, il sontuoso polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini, ora conservato presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, destinato a decorare l’altar maggiore in sostituzione di quello medievale, voluto dal papa Nicolò V nel 1450 per onorare la memoria del Beato Nicolò Albergati, priore del convento dei Certosini dal 1407 al 1417. Al 1538 risale il prezioso coro ligneo ricostruito da Biagio de Marchi che con ogni probabilità si servì dei cartoni delle raffinate tarsie che decoravano gli stalli del coro quattrocentesco del 1488, opera di Melchiorre Provenzale, andato distrutto nel 1527 nel saccheggio operato in Certosa dai Lanzichenecchi di Carlo V. Sullo scorcio del cinquecento Gio. Battista Capponi, che resse il convento dal 1588 al 1613 in linea con i dettami del vasto movimento di riforma liturgica promosso dal Concilio di Trento, curò la realizzazione di un ampio programma di rinnovamento dell’apparato decorativo interno che interessò la zona absidale e le neoedificate cappelle di S.Girolamo e di S.Giovanni Battista, poste a destra e a sinistra dell’entrata. Al centro di questo rinnovamento decorativo si pone l’opera di Bartolomeo Cesi, chiamato dal Capponi a decorare fin dall’inizio degli anni ottanta la Foresteria nuova di cui a tutt’oggi sopravvive, in loco, un unico affresco raffigurante la Madonna col bambino, S. Giovannino, San Gerolamo e San Bruno e verosimilmente nell’ultimo decennio del 500 si colloca la decorazione della Cappella maggiore. Per quest’ultima il pittore eseguì le tre pale dedicate alla Passione di Cristo: Crocefissione, Deposizione (lato destro), Orazione dell’Orto (lato sinistro) e la decorazione ad affresco della zona absidale con Storie bibliche prefiguranti l’avvento di Cristo e raffigurazioni di Certosini.

In un arco di tempo compreso tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 si colloca anche l’intervento di altri due “eccellentissimi pennelli”: Agostino e Ludovico Carracci; l’uno autore di quella Comunione di S. Girolamo che divenne ben presto opera paradigmatica della riforma carraccesca sul versante del cotè classicista (portata in Francia al tempo delle soppressioni napoleoniche, si trova ora presso la Pinacoteca di Bologna). Al suo posto sull’altare di S. Girolamo fu posta una copia del quadro di Agostino, realizzata in epoca ottocentesca da Clemente Alberi, mentre spettava a Ludovico Carracci la realizzazione della pala d’altare raffigurante la Predica del Battista (datata e firmata 1592) che decorava anticamente l’altare della cappella di S. Giovanni Battista, posta di fronte a quella di S. Girolamo. Questa cappella fu dedicata a S. Bruno dopo che Gregorio XV, nel 1623, aveva esteso il suo culto a tutta la Chiesa e in quell’occasione il dipinto di Ludovico Carracci fu spostato in una delle cappelle interne (attualmente dedicata a S. Giuseppe ) per far posto a La visione di S. Bruno (1647) di Guercino. Tanto il dipinto di Ludovico Carracci, quanto quello del Guercino sono passati con le soppressioni napoleoniche presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna dove furono trasferiti nel medesimo frangente anche la Flagellazione e la Coronazione di spine di Ludovico Carracci, poste originariamente dopo la cancellata della navata e inserite nella barriera che separava la chiesa “esteriore” dal coro, mentre sull’altare della cappella di S.Bruno attualmente si trova un dipinto attribuito a Bartolomeo Cesi raffigurante S. Bruno circondato da sei Beati certosini completamente ridipinto nell’Ottocento da Filippo Pedrini. Spetta a Don Daniele Granchio, ferrarese, priore del convento dei Certosini dal 1644 al 1660 la commissione sul tema della Vita di Cristo ad alcuni tra i più rappresentativi pittori operanti allora a Bologna: Francesco Gessi raffigurò La cacciata dei mercanti dal Tempio e La Pesca Miracolosa (1648), Giovan Andrea Sirani La Cena in casa del Fariseo (1652), Elisabetta Sirani Il Battesimo di Cristo (1658), Lorenzo Pasinelli Il Cristo che appare alla madre assieme ai santi Padri liberati dal Limbo (1657) e l’Ingresso di Cristo in Gerusalemme (1658), Giovanni Maria Galli Bibiena La resurrezione di Cristo (1657), Domenico Maria Canuti Il Giudizio Universale (1658). Fanno parte di questo ciclo anche una Natività (1644) di Nunzio Rossi, pittore napoletano trasferito a Bologna per perfezionarsi presso la scuola di Guido Reni. La sua opera, posta originariamente sulla controfacciata della chiesa, fu spostata in epoca ottocentesca nella Cappelletta delle Madonne per far posto alla collocazione dell’organo ed ora, dopo il restauro, è collocata in Palazzo d’Accursio. Infine vale la pena ricordare che fino alle soppressioni napoleoniche i certosini continuarono ad abbellire la chiesa di S.Girolamo, il Capitolo e il Refettorio con opere di maestri di fama: Giovanni Maria Viani (1636-1700) realizzò per il Refettorio un S. Bruno e una Beata Rosolina per il Capitolo, a cui era in origine destinato anche il dipinto di Ubaldo Gandolfi (1728-1781) S. Francesco di Paola, mentre Giuseppe Maria Crespi (1665-1747) eseguì tre piccoli dipinti (una SS. Trinità, una Madonna e Santi, e una Sant’Orsola). Anche questi dipinti, passarono nella Pinacoteca di Bologna, mentre a documentare l’assetto decorativo di epoca settecentesca permangono ancora in sagrestia, La Vergine e il Bambino in gloria, la Maddalena e Sant’Ugo di Giovan Girolamo Bonesi (1653-1725) e il Beato Nicolò Albergati appare in sogno a Tommaso Sarzana di Ercole Graziani (1688-1765), allievo di Donato Creti.

Armanda Pellicciari

Testo tratto da: R. Martorelli (a cura di), La Certosa di Bologna - Un libro aperto sulla storia, catalogo della mostra, Tipografia Moderna, Bologna, 2009. Bibliografia: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale Convento dei Certosini di Bologna, A. Sforza, Monumenta Cronologica Cartusia Bononiensisis (1678), ms. 38/5883; Vita e iconografia di S.Bruno in Bibliotheca Sanctorum, vol. III, Roma, 1963; B. De Dominici, Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti napoletani, Napoli, 1742.