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Le raccolte a stampa ottocentesche sulla Certosa

1813-1873

Schede

Nel 1813 si avvia a Bologna una significativa opera editoriale dal titolo 'Collezione de' disegni a semplice contorno delli monumenti sepolcrali nel cimitero di Bologna, delineati ed incisi da Raffaele Terry'. In quattro anni sono riprodotte settantadue tombe, e su ognuna vengono date sintetiche notizie sul defunto e i nomi degli artisti che le hanno progettate ed eseguite. A completamento dell'opera viene poi realizzata, nel 1817, la raccolta delle relative iscrizioni epigrafiche, in gran parte ideate da Filippo Schiassi. Nella sostanza pare di capire che la Collezione venga terminata sia a causa della partenza del Terry per rientrare in Francia, sia per mancanza di nuovi monumenti. La scelta di riprodurre i sepolcri al solo contorno e senza sfumato, è frutto di una precisa scelta di cultura neoclassica, mentre una successiva opera editoriale vedrà il ritorno del chiaroscuro, atto a rendere meglio le sculture che dopo il 1815 andavano sostituendosi alle opere pittoriche.

E' questa la 'Collezione dei monumenti sepolcrali del cimitero di Bologna pubblicata da Giovanni Zecchi', stampata tra 1825 e 1828. In quattro anni vengono riprodotte ben 160 memorie funerarie, tutte corredate da breve biografia del defunto, indicazioni sugli esecutori e trascrizione dell'epigrafe. In alcuni casi, dove viene ritenuto significativo, si approfondisce la biografia con testi più impegnativi, come nel caso di Clotilde Tambroni o Camillo Ceronetti. Una delle novità che ne rendono più ampia la diffusione rispetto alla pubblicazione precedente è il testo bilingue, italiano e francese, e il completamento con una agevole guida corredata da una pianta ripiegata e otto vedute generali dei chiostri.

Nello stesso anno, il 1825, Natale Salvardi incomincia la sua 'Collezione scelta dei monumenti sepolcrali del Comune Cimitero di Bologna'. Il formato dei fogli raggiunge dimensioni notevoli (465 x 325 mm), consentendo l'esecuzione di grandi e pregevoli incisioni in chiaroscuro, fornendo spazio per biografie dettagliate, insieme ad alcune sintetiche notizie sugli artisti che li hanno eseguiti. La previsione era di descrivere cento sepolcri, ma nel 1839 viene data notizia che ci si ferma a sessanta. Il grande formato, adatto alla lettura esclusivamente al tavolo, e i tempi ormai decisamente turbolenti, non consentono di trovare abbastanza sottoscrittori disposti a coprirne le spese, come invece era successo per le altre due pubblicazioni.

Stessa fine farà il 'Cimitero comunale di Bologna: opera archeologico - storico - descrittiva', avviato nel 1837 da Marcellino Sibaud e precocemente interrotto. Opera assai ambiziosa, che non si voleva limitare alla guida del camposanto felsineo, ma proporre descrizioni di sepolture di tutti i tempi e religioni.

Bisogna superare gli anni dell'Unificazione e aspettare il 1823, quando esce a stampa la 'Descrizione dei monumenti sepolcrali del cimitero comunale': la prima guida moderna sulla Certosa. La raccolta dà un breve cenno storico sul complesso e prosegue con un percorso che ci guida nei chiostri del camposanto, segnalando le opere più significative, proponendo le epigrafi e gli artisti esecutori. Il volume termina con un utile indice dei nomi, ma mancano le illustrazioni e una pianta. I primi cento anni di vita della Certosa la vedono attentamente e costantemente descritta nel suo divenire, tanto che si avvertono vuoti derivati da probabili furti e, vuoi per l'ingiuria del tempo, vuoi per necessità di aprire varchi verso i nuovi chiostri e sale, possiamo seguire rifacimenti e spostamenti, anche di opere di carattere monumentale.

Un così imponente sforzo editoriale non è pensabile senza un desiderio dei bolognesi, ma anche di visitatori e intellettuali, di avere dettagliate notizie sul catalogo d'arte e di memorie che il camposanto contiene. Ne sono testimoni le numerose attestazioni di meraviglia, ma anche di romantici languori, frutto delle visite compiute da semplici turisti o da illustri personaggi, che non potevano assolutamente non effettuare una visita al camposanto, dopo avere goduto delle bellezze di Piazza Maggiore e dell'Archiginnasio.

Non sempre i giudizi sono benevoli, in verità: Jules Janin, pur apprezzando nel suo complesso la Certosa - 'un cimitero più allegro della città' - ne disprezza le 'cattivissime sculture', e si sa di commenti poco lusinghieri di Antonio Canova, il quale vede benignamente solo qualche opera di Alessandro Franceschi e di Giacomo De Maria. Comprensibile per un artista come lui, che nel gesso e nella terracotta vedeva solo il mezzo per realizzare i modelli e non le statue finite.

Come sempre le storie sono più complesse del previsto e per capirlo basta leggere, a titolo di esempio, l'elenco dei sottoscrittori della Collezione di Giovanni Zecchi. Innanzitutto il numero piuttosto alto, 361, che consente all'editore di coprire interamente i costi e di stampare ulteriori copie da proporre in vendita presso la propria ed altre librerie cittadine. La scelta di proporre i testi sia in italiano sia in francese, allora la lingua franca d'Europa, è una scelta accorta, poiché tra i sottoscrittori vi sono anche un 'Masquillier da Bruxelles' ed altri stranieri residenti in Italia. Possiamo però pensare che il numero sia ben più alto, in quanto numerosi forestieri passano necessariamente da Bologna per lo spostamento tra nord e sud del nostro paese, oppure proprio in visita. Certamente moltissimi sono i bolognesi o gli emiliano romagnoli, e si segnalano diversi librai che ne acquistano più copie, fino a ventinove. Assume un preciso indizio di diffusione nazionale l'acquisto di 31 copie da parte di 'Piattoli Gaetano negoziante in Firenze', che si sommano alle dieci di Giuseppe Mulini per la stessa città, o le 10 prenotate dall'editore Giuseppe Vallardi a Milano. Tra i singoli sottoscrittori vi sono persone note tra cui 'S. A. R. il Gran Duca di Toscana', lo scultore toscano Vincenzo Bonelli, e poi bibliotecari, calcografi, architetti, le biblioteche pubbliche di Firenze, Modena e Milano. La raccolta bolognese appare quindi come un successo editoriale, di discreta diffusione, un'opera evidentemente vista come un agile catalogo di testi epigrafici e notizie storiche, ma soprattutto di elementi architettonici ed idee ornamentali e scultoree, che nel complesso documentano in maniera esaustiva tutte le correnti artistiche del momento: piranesiane e di gusto massonico, tardo barocche, canoviane, classiciste, che si completano con il vasto catalogo, tutto emiliano, di opere neo-manieriste e archeologizzanti.

Nel 1873 Gaetano Chierici pubblica l'ultima pubblicazione sulla Certosa nel XIX secolo. Priva delle riproduzioni di ogni monumento, è strutturata come una vera e propria guida moderna, accompagna il visitatore in ogni ambiente del cimitero segnalando brevemente i monumenti più significativi. Opera piuttosto rara, è disponibile solo in pochissime biblioteche pubbliche.

Roberto Martorelli