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Gino Baroncini

29 Marzo 1893 - 31 Ottobre 1970

Scheda

Gino Baroncini nato a Molino della Volta (Imola) il 29 marzo 1893 da Domenico (mugnaio) e Giuseppina Ancarani (insegnante).
Diplomatosi ragioniere all’istituto Pier Crescenzi di Bologna nel 1913, iniziò subito a lavorare in una associazione di agricoltori. Leggermente claudicante, non partì per il fronte.

A gennaio del 1920, Baroncini si iscrisse al Fascio bolognese di Combattimento, distinguendosi subito per l'indole facinorosa e partecipando a diversi episodi di violenza squadrista. Già nel 1921 entrò in attrito con Leandro Arpinati, accusandolo di voler asservire il fascismo alla "vecchia Italia".

Il Congresso dell’aprile 1921 elesse Dino Grandi e Baroncini al Comitato regionale e Arpinati al Comitato centrale dei Fasci di Combattimento. I tre si candidarono alle elezioni del maggio dello stesso anno, ma Baroncini si ritirò per convogliare le sue preferenze a Grandi, a discapito di Arpinati.
Dal 21 giugno 1921 Baroncini divenne Segretario della Federazione tra i Fasci della Provincia di Bologna, da lui fondata.

Nell’area metropolitana bolognese, in quel periodo, si stima che negli scontri e negli attacchi fascisti alle Camere del Lavoro ed alle Cooperative socialiste, repubblicane e cattoliche venissero uccise 19 persone e quasi 2000 ferite. Il mandante politico di queste incursioni fu individuato nel Federale di Bologna Gino Baroncini, che in questo periodo aveva una posizione di rilievo paragonabile solo al ferrarese Italo Balbo.
Nell'agosto del 1921 venne raggiunto a Roma un accordo di "non belligeranza" tra fascisti e socialisti, con non accettato da Baroncini che, in occasione del Congresso fondativo del PNF tenutosi a Roma il 7 novembre 1921 fu eletto nel Comitato centrale.

Tra il febbraio e l’aprile del 1922 Baroncini fu arrestato due volte: una a Bologna e una a Porretta Terme.

Il 23 maggio 1922 il Prefetto di Bologna, Cesare Mori, emanò un decreto con cui proibiva ai fascisti di "importare" operai crumiri da una Provincia all'altra, scatenando le ire di Baroncini che vedeva in questo gesto un favore fatto ai socialisti. Ciò scatenò una mobilitazione di squadristi, tra il 26 maggio e il 3 giugno, che portò alla devastazione di decine di case del popolo, cooperative e circoli operai. Gli uomini di Baroncini setacciarono i quartieri operai, in cui avevano cercato rifugio socialisti, comunisti e popolari.

In giugno un incontro tenuto a Bologna tra Baroncini, Grandi, Aldo Oviglio, Balbo e il Segretario del PNF Michele Bianchi portò alla decisione di far rimuovere il prefetto Mori da Bologna, cosa che avvenne nell'agosto successivo.

Alla fine di luglio del ’22, Baroncini e Balbo condussero un sanguinoso raid terroristico nei Comuni rossi del ravennate e del forlivese.

Il 28 dicembre 1922 il ras bolognese fondò la Federazione italiana Sindacati agricoltori, ma il suo sindacalismo integrale venne visto come un fattore disgregante dal Governo Nazionale.

Per tutto il 1923, nonostante Mussolini lo avesse nominato Alto Commissario del PNF Emilia Romagna, in Baroncini crebbe sempre più l'ostilità verso i ”politicanti” romani che a suo giudizio non permettevano il completamento della rivoluzione fascista. Il suo malcontento si indirizzò anche verso i proprietari de “Il Resto del Carlino”, rei di rappresentare quella aristocrazia agraria conservatrice. Sue "vittime" Filippo Naldi ed il suo direttore Nello Quilici, da lui addirittura sfidati a duello.

Il suo essere “duro e puro” e il non volersi piegare alla svolta governativa del PNF determinarono la sua rimozione, alla fine del 1923, su esplicita richiesta di Mussolini, di Grandi e dei grandi proprietari terrieri.

L'11 marzo 1924 Mussolini designò Leandro Arpinati alla Segreteria della Federazione fascista di Bologna.
Baroncini lasciò la città felsinea per Milano, dove continuò la sua carriera professionale all’interno delle Assicurazioni Generali, divenendone in seguito anche Presidente.

Morì a Bologna il 31 ottobre 1970.