Salta al contenuto principale Skip to footer content

MCMXVII - 044 - Alto Cadore e Cordevole

lapide

Schede

In questa lapide sono ricordati i caduti bolognesi nel Cadore e nel Cordevole.

Gli avvenimenti della Grande Guerra sul fronte del Cadore, dal monte Peralba al Cimon della Pala, si svolsero nella loro quasi totalità a ridosso della catena montuosa che separa il bacino del Piave da quelli limitrofi della Drava e dell’Adige. Su tale catena correva per lunghi tratti il confine politico tra Italia e Austria e su di essa, rafforzata con fortificazioni permanenti ai valichi, gli Imperiali attesero le truppe italiane. Dal punto di vista militare tale confine si presentava assai sfavorevole, perché gli austriaci dominavano dai passi le strade e le valli che la fanteria italiana doveva percorre per avvicinarsi. Inoltre nelle valli Ansiei, Boite, Cordevole, il confine presentava pronunciate sacche che gli austriaci avevano fortificato e che sarebbero state tutte da eliminare per dare linearità al fronte di guerra.
Il piano generale d’azione nell’Alto Cadore poteva svilupparsi solo con un attacco/ sfondamento verso il solco della Pusteria, idea che si ritrova negli ordini dati dal Comando Supremo Italiano alla 4° Armata (Corpi I° e IX°) del generale Luigi Nava.
Gli austriaci avevano un unico comando dallo Stelvio al Peralba, con sede a Innsbruck. Questa ampia zona era stata poi divisa in cinque settori; dall’Adige al Peralba si estendevano i settori IV e V, con punto di giunzione nel passo Fedaia (Marmolada): nel settore IV era schierata la 90° divisione, mentre nel V la divisione Pustertal.
Le maggiori opere corazzate austriache erano i due forti a chiusura della val di Sesto, le due opere dello sbarramento Landro e Prato Piazza, il forte La Corte e le due tagliate stradali in val Cordevole, il forte Someda in val San Pellegrino. Da parte italiana vi si opponevano i forti corazzati Tudaio, Col Piccolo, Col Vidal, monte Rite (noto come il ridotto Cadorino), le batterie in barbetta e casamatta nelle conche di Agordo e Gosaldo, lo sbarramento della Val Cismon e feltrina.
Nell’Alto Cadore la lotta si stabilizzò quasi subito sulla linea degli sbarramenti austriaci appena ricordati. Nei primi giorni di guerra le truppe italiane avanzarono con prudenza (troppa per il generale Cadorna), il I° Corpo d’Armata occupò la conca di Cortina ed il passo Tre Croci, mentre il IX° Corpo in alta val Cordevole venne fermato dallo sbarramento che faceva perno sul Col di Lana. In giugno la 2° divisione attaccò Son Pouses, pochi chilometri oltre Cortina verso Dobbiaco, senza risultato alcuno. Unici parziali successi furono ottenuti dalle truppe della 18° divisione, ala sinistra dell’Armata, che poterono impadronirsi dei passi Valles, San Pellegrino, Ombretta, Ombrettola.
Nel mese di luglio si ebbero due attacchi allo sbarramento austriaco: i progressi furono modestissimi, gli italiani ottennero il possesso di Cima Bois (zona Tofana di Roces), uno sperone di roccia di cima Falzarego e parte dei costoni d’accesso al Col di Lana. Con miglior fortuna si combatté nella zona delle Tre Cime del Lavaredo, dove la linea del fronte si spostò alla Forcella di Toblin. Il Comando Supremo Italiano incolpò il generale Luigi Nava del mancato conseguimento di importanti successi nel Cadore e lo sostituì col generale Mario Nicolis di Robilant alla fine di settembre. Il nuovo comandante della 4° Armata riprese in autunno le operazioni in grande stile, riuscendo ad ottenere il controllo di posizioni audaci sul fianco del Lagazuoi (punta Berrino e cengia Martini), nel gruppo del Cristallo (Forame) e al Sass di Mezdì della Marmolada; sul Col di Lana continuò l’avanzata metro dopo metro delle truppe italiane, tanto che il monte venne rinominato Col di Sangue.
I mancati successi obbligarono il Comando Supremo Italiano a rivedere il piano operativo generale della 4° Armata. Con la ripresa dei combattimenti nella primavera del 1916 si ebbero azioni solo a carattere locale per migliorare le posizioni e mantenere sul fronte montano il maggior numero di nemici. Tra gli episodi di guerra alpina vanno ricordati l’attacco al monte Fumo del Cristallo, la conquista di Punta Serauta nel massiccio della Marmolada, l’attacco e la conquista del passo della Sentinella (così detto per un pinnacolo di roccia - il gendarme - che pare stia a guardia del passo) nel gruppo del Popera e Croda Rossa di Sesto.
Venne anche tentato un altro tipo di guerra con l’utilizzo di enormi quantitativi di esplosivo ammassati sotto le posizioni nemiche, raggiunte con lo scavo di gallerie in roccia; queste mine spazzavano via le difese avversarie, sconvolgendole al punto che oggi, dove esplosero, sono ancora evidenti le tracce del loro impiego. Le mine furono utilizzate il 17 aprile 1916 per la conquista del Col di Lana e l’11 luglio contro il Castelletto della Tofana di Roces.
La sosta invernale del 1917 fu ancora più lunga della precedente; la ripresa delle operazioni avvenne gradualmente a primavera inoltrata con operazioni di pattuglie che con colpi di mano ottennero brillanti successi. Tra questi ricordiamo la conquista di una cima del Costabella, una azione congiunta di fanti della Brigata Alpi e alpini del Val Cordevole sulla Forcella Serauta della Marmolada. Esplosero altre mine, sul piccolo Lagazuoi contro le posizioni italiane della cengia Martini. La grande offensiva austro-tedesca sul fronte dell’Isonzo ebbe inizio nel settore della 4° Armata il 21 ottobre con un attacco diversivo di truppe tedesche contro le posizioni italiane del monte Piana. Per la 4° Armata, i giorni successivi furono caratterizzati da profonda incertezza: ritirarsi al Grappa o resistere nel ridotto Cadorino? Vennero perse ore preziose ed il movimento di ritirata iniziò solo il 2 novembre per concludersi il 10 dello stesso mese. Ma non fu una ritirata indolore, retroguardie italiane ed avanguardie tedesche rimasero sempre in contatto ed a Longarone il battaglione dell’Alpen Korps germanico condotto dal tenente Ervin Rommel riuscì a tagliare la ritirata di una colonna italiana, facendo migliaia di prigionieri. Il grosso della 4° Armata raggiunse comunque le posizioni assegnate dal Comando Supremo sul monte Grappa, dando così inizio ad una nuovo tipo di guerra, difensivo, con le due grandi battaglie d’arresto che chiusero l’anno 1917.
Tutto il Cadore rimase sotto il dominio dell’Austria fino all’armistizio del 3 novembre 1918.

Paolo Antolini

Bibliografia: Sui campi di battaglia: il Cadore, la Carnia, l’Alto Isonzo. Guida storico-turistica, Milano, Consociazione Turistica Italiana, 1938.